Bonus pubblicità per l’anno 2020

Pubblicato in Ratio News

L’emergenza coronavirus ha mescolato le carte, portando i beneficiari ad avere un credito d’imposta pari al 50% degli investimenti effettuati.

Dopo l’iniziale introduzione con il D.L. 50/2017, l’art. 3-bis, D.L. 59/2019 ha reso strutturale per le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali, la previsione di un credito di imposta (da utilizzare esclusivamente in compensazione attraverso i canali telematici) pari al 75% dell’incremento degli investimenti effettuati con finalità pubblicitarie, valore che sale al 90% per le PMI e start-up innovative. In particolare, il credito spetta quando le campagne pubblicitarie riguardano quotidiani e periodici, nonché emittenti televisive e radiofoniche locali, analogici e digitali. Per l’utilizzo di tale credito, nella sua ordinaria formulazione, si prevedeva una prenotazione tramite apposita comunicazione nel periodo 1.03-31.03, da confermare poi, sempre con apposito modello, dal 1.01 al 31.01 dell’anno successivo.
Tali previsioni però hanno subito rilevanti modifiche negli scorsi mesi dopo l’introduzione del decreto “Cura Italia” che, con l’art. 98, ha in primis cambiato le logiche di calcolo del beneficio, che per l’anno in corso non si basa più sul solo valore incrementale, ma dovrà essere pari al 30% del valore complessivo degli investimenti effettuati per l’anno 2020. Lo stesso decreto ha poi posticipato i termini di prenotazione del beneficio, la cui finestra ora sarà dal 1.09 al 30.09. Con il “Decreto Rilancio” (art. 186 D.L. 34/2020), il provvedimento è stato ulteriormente rafforzato, portando il credito alla misura unica del 50% degli investimenti effettuati.
Tale credito, in ogni caso, è concesso nei limiti dei regimi degli aiuti de minimis (così come disciplinati dai Regolamenti UE) che garantiscono alle imprese un massimale pari a 200.000 euro. L’investimento in pubblicità si considera sostenuto secondo le disposizioni generali dell’art. 109 del Tuir e tali spese devono essere supportate dall’attestazione circa la loro effettività di un revisore legale o di un professionista legittimato a rilasciare un visto di conformità. Tali spese, ai soli fini del credito d’imposta, sono ammesse al netto delle spese accessorie dei costi di intermediazione.
Diverso discorso invece va fatto per i contratti di sponsorizzazione, ossia rivolti alla promozione dell’immagine dell’impresa e dei suoi prodotti. Questi ultimi, infatti, sebbene si riferiscano sempre a un’attività di pubblicità, non possono beneficiare del bonus pubblicità in quanto esclusi sulla base del loro presupposto oggettivo, ma che in ogni caso risultano sempre deducibili sotto il profilo fiscale. Inoltre, se queste sponsorizzazioni sono riferite a società e associazioni sportive dilettantistiche, così come sancito dalla recente sentenza della Cassazione n. 8540/2020, tali spese godono di presunzione assoluta di inerenza, non permettendo quindi all’Amministrazione Finanziaria di contestare il nesso tra attività dello sponsor e del soggetto sponsorizzato, né la congruità dell’importo erogato.

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