L’importanza della perizia nella rivalutazione dei beni di impresa per revisori e sindaci

Pubblicato sulla rivista “Revisori e Sindaci” del Centro Studi Castelli.

A seguito della pandemia da SARS-CoV-2 che, con le varie fasi di lockdown, ha compromesso in maniera determinante la tenuta economica e sociale del nostro Paese, il legislatore ha previsto specifici presidi al fine di supportare le imprese, oltre che sotto il profilo finanziario (si pensi ad esempio alle moratorie dei leasing e dei mutui) ed economico (sospensione degli ammortamenti), anche sotto il profilo patrimoniale. Tra queste misure, in particolare, con il decreto legge n. 104 del 14 agosto 2020, è stata riaperta la possibilità di rivalutare i beni di impresa, prevedendo sia la possibilità di ricorrervi soltanto sotto il solo profilo civilistico, sia quella di ottenere il riconoscimento dei maggiori valori sotto il profilo fiscale, attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva.

La presente formulazione però, finalizzata a supportare le imprese, e non al solo conseguimento di un gettito tributario (come nelle sue più recenti versioni), risulta particolarmente appetibile per tre principali ragioni:

  1. rispetto alle precedenti versioni del provvedimento, vi è stato un significativo abbattimento dell’imposta sostitutiva per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori;
  2. per la prima volta, sarà possibile effettuare la rivalutazione su singoli beni senza dover estenderla alle c.d. categorie omogenee;
  3. il riconoscimento dei maggiori valori si ha già a partire dal 2021 per quanto riguarda gli ammortamenti e dal 2024 per un eventuale plusvalenza da cessione.

Questi tre elementi rendono l’attuale formulazione della legge di rivalutazione monetaria particolarmente conveniente ed efficace nel salvaguardare i patrimoni netti delle imprese che nel 2020 risulteranno particolarmente colpite.

Fatta questa doverosa precisazione, va comunque considerato che questi provvedimenti richiederanno per i soggetti chiamati allo svolgimento della revisione legale, organo di controllo o revisore, una particolare attenzione per verificarne in primis la sussistenza dei presupposti per il suo utilizzo, ma anche non trattandosi di operazioni ricorrenti per le imprese, per verificarne la corretta applicazione.

Inquadramento normativo

 Il decreto agosto, Decreto Legge n. 104 del 2020, all’articolo 110, introduce la nuova normativa per la rivalutazione dei beni di impresa, che va estesa a tutti i soggetti indicati dalle lettere a) e b) del comma uno dell’articolo 73 del Tuir. Tale norma riguarda tutti i soggetti che redigono i bilanci secondo le disposizione del codice civile, escludendo pertanto i c.d.  IAS/IFRS adopter.

L’attuale formulazione prevede che parallelamente ad una rivalutazione di matrice esclusivamente civilistica, si possa anche optare per il riconoscimento della rilevanza fiscale applicando un’imposta sostitutiva pari al 3% sui maggiori valori iscritti in bilancio. Imposizione particolarmente favorevole se si considera che la legge di rivalutazione precedente, con riferimento ai bilanci 2019, richiedeva il pagamento di un’imposta sostitutiva del 16% per i beni ammortizzabili e del 12% per quelli non ammortizzabili. Inoltre, a differenza della precedente formulazione, non si dovrà aspettare il terzo esercizio successivo per il loro riconoscimento fiscale.

La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio al 31 dicembre 2020 per i soggetti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare. In caso, invece, di non coincidenza tra l’esercizio e l’anno solare è possibile provvedere alla rivalutazione già nel 2019, purché il relativo bilancio non sia approvato prima dell’entrata in vigore della normativa[1]. Sotto il profilo oggettivo, possono beneficiare di questa rivalutazione i beni iscritti tra le immobilizzazioni materiali o immateriali, ma anche le partecipazioni di controllo e collegamento iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie. Tale provvedimento, a differenza delle precedenti versioni della norma, può riguardare distintamente singoli beni anche se appartenenti alle c.d. categorie omogenee. Per quanto riguarda le immobilizzazioni immateriali, sono rivalutabili solo quelle che godono della cosiddetta tutela giuridica, ossia i beni immateriali (marchi, brevetti, licenze, ecc.). L’Interpretativo OIC 7, pubblicato il 31 marzo 2021, ha confermato al paragrafo 5, la possibilità di rivalutare le immobilizzazioni immateriali anche quando queste siano state contabilizzate a conto economico, anche se avevano i requisiti per essere contabilizzati in stato patrimoniale (tutela giuridica).

Per le altre categorie di immobilizzazioni immateriali, ossia costi pluriennali e avviamento, la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha concesso la possibilità di ricorrere al c.d. riallineamento dei valori fiscali. Tale disposizione però, come preannunciato più volte da differenti parti, potrebbe essere soggetta a ulteriori modifiche nei prossimi mesi.

I controlli sulla rivalutazione

Il revisore, o il soggetto con l’incarico della revisione, qualora l’impresa proceda con la rivalutazione dei beni, deve vigilare sulla corretta individuazione dei beni rivalutabili, sulla corretta identificazione del valore recuperabile, sulla corretta applicazione delle diverse metodologie contabili, sul corretto trattamento della riserva di rivalutazione, sulle eventuali problematiche inerenti il trattamento della fiscalità differita.

Circa la corretta identificazione dei beni rivalutabili, va considerato che possono essere rivalutati i beni che risultano iscritti nel bilancio 2019, sono invece esclusi gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, ossia i c.d. beni merce.

Inoltre, si segnala che non sono interessati alla rivalutazione i beni in locazione finanziaria, sono dunque solo rivalutabili i beni che a seguito di un contratto di leasing siano stati riscattati entro il 31 dicembre 2019.

Pe quanto riguarda la corretta applicazione delle diverse metodologie contabili si segnala che nella predisposizione del bilancio, così come illustrato dal documento interpretativo OIC n.7/2020, sono ammissibili tre distinte modalità contabili. Si potrà infatti ricorrere alla contestuale rivalutazione del costo storico e del relativo fondo ammortamento, oppure, alla rivalutazione del solo costo storico, o ancora, alla riduzione del solo fondo ammortamento. Nel caso di applicazione del primo metodo l’Agenzia delle Entrate aveva indicato che non si può comunque superare il valore di sostituzione. A prescindere alla metodologia utilizzata, la loro corretta applicazione porta all’iscrizione in bilancio dello stesso valore netto contabile, che sarà poi ripartito lungo la vita utile residua.

Gli amministratori dovranno valutare l’opportunità di procedere ad una rivalutazione, considerando che la rivalutazione di un’immobilizzazione di per sé non comporta modifica della vita utile. In tal senso quindi si dovrà considerare che qualora non si muti la vita utile del cespite, si dovrà prevedere per gli esercizi successivi un maggior impatto degli ammortamenti sulla marginalità dell’impresa. Questa problematica comunque non inciderà contabilmente nel bilancio 2020 in quanto l’operazione di rivalutazione e successiva all’imputazione dell’ammortamento per l’anno 2020. La rivalutazione inoltre potrebbe incidere sugli indicatori per l’individuazione delle società di comodo. In questa prospettiva la metodologia contabile della sola riduzione del fondo ammortamento, qualora quest’ultimo si rivelasse capiente, potrebbe essere la soluzione preferibile.

Qualora invece si ritenesse necessario aggiornare la stima della vita utile rimane ferma la necessità di verificare la presenza delle condizioni richieste dai principi contabili nazionali (in particolare all’OIC 16) e di un’adeguata informativa in tal senso in nota integrativa.

Sotto il profilo impositivo, nel caso venga pagata l’imposta sostitutiva, contabilmente vedrà sorgere il debito tributario come riduzione della riserva di rivalutazione (e non come una componente negativa di reddito in conto economico). Il pagamento dell’imposta sostitutiva, ed il successivo affrancamento della riserva con il pagamento del 10% sul valore rivalutato al netto dell’imposta sostitutiva, esclude l’applicazione della fiscalità differita. Qualora però la riserva non sia affrancata, secondo l’OIC 25 le imposte differite possono non essere contabilizzate se ci sono solo scarse probabilità di distribuzione della riserva i soci. Qualora invece la rivalutazione sia fatta ai soli fini civilistici, alla data della rivalutazione, la società dovrà iscrivere imposte differite, per Ires e Irap, direttamente a riduzione della riserva iscritta patrimonio netto.

Per quanto invece riguarda la corretta identificazione del valore recuperabile, tematica particolarmente critica in una situazione di complessiva decrescita economica, l’articolo 11 della Legge n. 342 del 2000, a cui tutte le leggi di rivalutazione fanno riferimento, prevede che i valori iscritti in bilancio a seguito della rivalutazione non possono in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibile ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di economica utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori corretti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani e esteri. In questa logica gli amministratori, i sindaci e i revisori devono indicare e motivare nelle loro relazioni i criteri seguiti nella rivalutazione delle varie categorie di beni e attestare che la rivalutazione non ecceda il limite massimo.

L’importanza della perizia

È auspicabile che, a fronte di una rivalutazione, sia predisposta una perizia di stima.

Lo stesso art. 11 della Legge n. 342 del 2000, in tal senso prevede che gli amministratori, e i sindaci, debbano indicare e motivare nelle loro relazione al bilancio i criteri seguiti nella rivalutazione, ma anche che la rivalutazione operata non ecceda il valore effettivamente attribuibile al bene oggetto di rivalutazione.

La perizia, sebbene non espressamente richiesta dalla normativa, ha la finalità di limitare il rischio di una sopravvalutazione del patrimonio sociale. Responsabilità sempre presente in capo agli organi sociali che, chiamati in via generale a vigilare sull’entità del patrimonio sociale, necessariamente devono considerare la congruità nel valore economico degli asset dell’impresa.

Tale responsabilità molto spesso si basa su valutazioni tecniche che richiedono l’impiego di competenze non necessariamente in possesso degli stessi amministratori o dei sindaci (si pensi ad esempio la valutazione di immobili o di immobilizzazioni tecniche). In virtù della responsabilità su tali valutazioni, e nel silenzio della legge di rivalutazione, il ricorso a una perizia predisposta da un tecnico professionalmente qualificato è da ritenersi la soluzione ottimale per far emergere l’effettivo valore dei beni oggetto di rivalutazione. Rimarrà in ogni caso in capo all’organo amministrativo la scelta di effettuare la rivalutazione al valore suggerito dal perito, oppure a un valore minore in relazione alla sua reale recuperabilità in base alle specifiche condizioni della società e del mercato in cui opera.

Delegare la stima a un professionista, peraltro indipendente, non dovrebbero far emergere profili di conflittualità in termini di interessi. Per quanto riguarda la responsabilità va chiarito che sebbene la perizia giurata di stima non sia un atto pubblico e altresì vero che è comunque soggetta alle responsabilità individuabili all’art. 64 del codice di procedura civile, che specifica come il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a 10.329 €. Si applica inoltre l’art. 35 del codice penale e in ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti.

Altro tema di attualità e la valutazione circa l’opportunità di effettuare una rivalutazione qualora l’impresa presenti una perdita di esercizio. In questo caso si precisa che la presenza di una perdita di per sé non è considerata causa ostativa alla rivalutazione, sebbene la presenza di perdite durevoli dovrebbe inibire dette rivalutazioni a fronte di un loro problema di recuperabilità. Va però considerato che l’opzione della rivalutazione in sé dovrebbe essere inibita solo se si è in presenza di perdite durevoli, tali da mettere in discussione il presupposto di continuità aziendale (presupposto del going concern). Qualora invece la continuità aziendale non fosse in discussione, l’opzione della rivalutazione può ritenersi legittima. La Cassazione con sentenza n. 9068 del 2000 ha affermato la legittimità dell’utilizzo della riserva da rivalutazione per la copertura delle perdite, purché la suddetta non sia stata generata esclusivamente a tale scopo. Si segnala però che in caso di suo utilizzo al fine di una copertura delle perdite, non potranno essere distribuiti utili fino a quando la suddetta riserva non risulterà reintegrata, o ridotta in misura corrispondente (art. 13, co. 2, della Legge 342/2000).

Per quanto riguarda il ruolo svolto dal collegio sindacale va ricordato che lo stesso organo può incorrere nella c.d. culpa in vigilando, ossia in una responsabilità derivante dall’omissione di controlli sulla diligenza dell’atteggiamento degli amministratori, qualora questa omissione abbia determinato un danno per la società o per terzi. Nel caso di specie però, la responsabilità dell’organo di controllo è di tipo diretto, in quanto la normativa impone loro il rilascio di una specifica attestazione circa la congruità del valore assegnato in sede di rivalutazione. Non compete però all’organo di controllo la scelta dei criteri di rivalutazione da adottare in quanto allo stesso è richiesto di vigilare sulla ragione che ha orientato gli amministratori nella scelta del criterio utilizzato. In tale direzione la Circolare Assonime n.13 del 27 febbraio 2001 chiarisce il perimetro e l’ampiezza dei controlli richiesti al collegio sindacale. In particolare il collegio sindacale dovrà acquisire dagli amministratori informazioni circa le fonti che giustificano la stima per attestare che i maggiori valori emersi in sede di valutazione non superino il valore economico dei beni interessati. Ne deriva quindi che il collegio sindacale assolve il proprio dovere provvedendo semplicemente ad acquisire dall’amministratore le informazioni in merito alle fonti che giustificano la stima, oltre a verificare l’adeguatezza dell’elemento probativo, così come la correttezza delle metodologie contabili adottate. Va comunque considerato che qualora la rivalutazione sia supportata da una perizia di stima redatta da un professionista, l’amministrazione finanziaria ha comunque il potere di disconoscere i fini fiscali la valutazione in essa applicata.

[1] Possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 o, in alternativa, nell’esercizio successivo, chiuso al 31 dicembre 2020 (Agenzia delle Entrate nella risposta n. 640 del 31 dicembre 2020).

Condividi