La contabilizzazione del diritto di usufrutto

Pubblicato in Ratio News

Sebbene non vi siano specifiche indicazioni all’interno dei principi contabili, si delineano le principali modalità di contabilizzazione in relazione al tipo di contratto.

L’usufrutto è un diritto reale regolato nel nostro Ordinamento dagli  978 e ss. c.c.. Si tratta del diritto di un soggetto, detto usufruttuario, di godere di un bene di proprietà di un altro soggetto, il nudo proprietario, e di raccoglierne i frutti. Tali operazioni però devono avvenire nel rispetto della destinazione economica, ossia nel rispetto dell’’utilizzo per il quale il bene mobile o immobile sia preordinato, nonché sarà richiesto all’usufruttuario la concessione di idonee garanzie a tutela del nudo proprietario. Il legislatore, all’art. 979 c.c. ha precisato che il diritto di usufrutto, qualora concesso a una persona giuridica, non può eccedere la durata di trent’anni. Al termine, quindi, l’usufruttario deve restituire la cosa oggetto del suo diritto e, qualora fossero state fatte delle migliorie concordate (che però devono sussistere al momento della restituzione), ha diritto a un’indennità. Tale indennità, come sancito dal codice, deve corrispondere al minore tra l’importo della spesa sostenuta e l’aumento del valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti. A completamento del quadro civile, si fa presente che le spese, ed in generale, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell’usufruttuario, salvo diverse disposizioni di legge, risultano inoltre a suo carico i carichi derivanti dalla normativa fiscale.

 Sotto il profilo contabile, si fa presente che non vi sono specifiche indicazioni nei nostri principi contabili, se non per la fattispecie dell’usufrutto su azioni. L’usufrutto su beni mobili e immobili, in generale, quindi, secondo gli scriventi, dovrà essere contabilizzato in maniera differente a seconda che dal contratto di sua concessione sia previsto un pagamento una tantum o la corresponsione di canoni periodici. Nel primo caso infatti, il costo di acquisto del diritto, incrementato degli eventuali oneri accessori, sarà iscritto tra le immobilizzazioni immateriali. Si tratta infatti di un bene immateriale in quanto, così come sancito dall’OIC 24, si tratta di un bene non monetario, individualmente identificabile, privo di consistenza fisica e tutelato giuridicamente. In particolare, la sua rilevazione dovrà avvenire tra le altre immobilizzazioni immateriali (B.I.7) e poi ammortizzato in relazione alla durata contratto, ma senza eccedere il limite massimo di trent’anni (per le persone giuridiche). Alternativamente, qualora fossero previsti canoni periodici, così come illustrato dall’OIC 12, il suddetto canone dovrà essere rilevato in conto economico alla voce B.8 come costo per godimento beni di terzi. In entrambi i casi, se si dovesse prevedere un ripristino della cosa in vista della sua restituzione, sarà necessario lo stanziamento di un fondo oneri che come contropartita comporterà un accantonamento da iscriversi alla voce B.13 – Altri accantonamenti di conto economico. 

Sul fronte fiscale, la deducibilità delle quote di ammortamento (modello una tantum) o dei canoni (modello dei canoni periodici) dipenderà dalla natura della cosa su cui la società vanta il suddetto diritto. In particolare, al fine di decretarne la deducibilità degli eventuali oneri annessi, sarà necessario verificarne l’inerenza. 

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