La revisione delle immobilizzazioni materiali in caso di perdita di valore

Pubblicato in Ratio News

Come noto, il codice civile prevede che qualora un’immobilizzazione iscritta nell’attivo di stato patrimoniale risulti durevolmente di valore inferiore rispetto al suo valore netto contabile (valore di acquisto o produzione al netto anche del fondo svalutazione), il suo valore debba essere riadeguato. In particolare tale riadeguamento deve essere effettuato in funzione del c.d. valore recuperabile, ossia al maggiore tra il fair value e il valore d’uso. Dove per fair value si intende il valore che si otterrebbe con una sua alienazione sul mercato, al netto dei costi di vendita, mentre per valore d’uso si intende il valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro derivanti o attribuibili alla continuazione nell’utilizzo dell’immobilizzazione. Si noti però che non sempre il valore di mercato risulta essere superiore al valore d’uso, si pensi ad esempio ad un vecchio fabbricato utilizzato dall’impresa, oppure ancora a macchinari o attrezzature specifiche già in uso da parecchi anni. La disciplina delle svalutazioni per perdite durevoli di valore di immobilizzazioni materiali e immateriali è disciplinata dall’OIC 9, le sue previsioni non sono invece estendibili alle partecipazioni che seguono specifici principi. Il tema in questione, che nella sua precedente disciplina è rimandato ai principi contabili relativi alle immobilizzazioni, mentre, nella sua più recente riproposizione in avvicinamento al mondo IFRS si è visto complicarsi in maniera rilevante.

Il problema, tipico soprattutto nelle piccole e medie imprese, nelle quali spesso il valore d’uso prevale su quello di mercato, è che non è possibile identificare i singoli flussi derivanti dal singolo cespite. Bisognerà quindi, così come prescritto dal principio contabile identificare la più piccola unità generatrice di flussi finanziari. Si tenga però presente, che parallelamente a quanto fin qui detto, il principio contabile prevede un metodo alternativo, c.d. semplificato, deroga il valore attualizzato dei flussi finanziari in virtù di grandezze di carattere economico, ossia la capacità di ammortamento. Sotto il profilo della revisione, il revisore deve in primis verificare la sussistenza di elementi che possano segnalare possibili perdite di valore, elemento necessario al fine di poter prevedere la svalutazione. Tra questi, così come prescritto dal principio, bisognerà fare particolare attenzione a eventuali eventi riguardanti l’immobilizzazione, ma anche la società e il mercato. In presenza di tali indicatori, è compito del revisore accertarsi che l’eventuale svalutazione sia stata effettuata adottando il metodo idoneo (ordinario o semplificato) in relazione alle dimensioni societarie. In particolare si presti attenzione perché dal 2017 il regime ordinario che prima era demandato alle sole società che rispettavano i parametri dimensionali del consolidato ora è stato esteso alle società tenute a fare il bilancio in forma ordinaria.

Dopo di che, entrando nel merito dovrà verificare la presenza di piani aziendali volti a quantificare i dati prospettici, nonché dovrà assicurarsi che tali piani siano stati approvati dal consiglio di amministrazione. Circa i piani, sarà compito del revisore verificarne le assunzioni alla base e assicurarsi che non coprano un arco temporale superiore ai 5 anni. Sarà inoltre compito del revisore verificare la correttezza delle formule e dei calcoli, ma anche la corretta attribuzione della svalutazione alle singole poste materiali e immateriali. Si precisa che qualora fosse da effettuare una svalutazione, essa dovrà in primis essere attribuita in abbattimento dell’avviamento e poi in proporzione ai singoli item. Sarà inoltre compito del revisore verificare che in nota integrativa si data adeguata informazione circa la svalutazione.

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