La sottocapitalizzazione al tempo di crisi

Pubblicato in Ratio News

Il perdurare della crisi, che ha portato in questi anni molte società al conseguimento di gravose perdite, ha fortemente contribuito a ridurre i patrimoni delle società italiane. Dimensione già non eccessiva ad inizio del 2008.

Tale situazione ha indotto maggiormente ad una diffusa sottocapitalizzazione delle società nostrane, evidenziata da valori spesso particolarmente bassi dell`indipendenza finanziaria, intesa come relazione tra il patrimonio netto e totale delle fonti (del bilancio cosiddetto funzionale, ovvero dato dalla somma del patrimonio netto e della posizione finanziaria netta). A tale proposito, le società, interessate a limitare quanto più possibile tale fenomeno senza voler innescare meccanismi più complessi e dispendiosi, devono porre in essere azioni volte a far accresce il patrimonio sociale.
Tra le principali opzioni percorribili vi è la rinuncia da parte dei soci ai crediti vantati nei confronti della società. Come sancito nella nuova versione dell`Oic 28, la rinuncia di qualsiasi credito da parte del socio incrementa il patrimonio netto della società. Tale disposizione amplia quanto previsto dalla precedente versione del principio che prevedeva l`imputazione a patrimonio netto nel caso di rinuncia di un debito (per la società) per finanziamento soci. Tale estensione richiede che sia imputata direttamente a patrimonio netto, senza quindi far transitare l`effetto da conto economico, anche la rinuncia ad un credito di natura commerciale.
Si precisa, però, che ciò deve avvenire se la rinuncia da parte del socio è motivata da ragioni di carattere finanziario. La discriminazione di trattamento contabile quindi è posta non in merito alla natura del debito (impostazione previgente), ma sulle motivazioni che spingono il socio alla rinuncia. Esse potranno essere giustificate da manifeste ed osservabili difficoltà finanziarie della società, oppure motivate dalla necessità di incrementare la propria patrimonializzazione al fine di effettuare nuove operazioni. Se, invece, alla base della rinuncia vi è una ragione di carattere commerciale, la corretta contabilizzazione di tale operazione non avverrà come incremento diretto del patrimonio, ma indirettamente in quanto transiterà da conto economico come sopravvenienza attiva.
Può, invece, ancora capitare che le perdite conseguite in un esercizio siano tali da indurre il patrimonio al disotto delle soglie di allarme volte alla tutela del capitale. In questo caso non deve essere dimenticata la possibilità di stanziamento di imposte anticipate sulle suddette perdite. Come sancito dall`Oic 25, le attività per imposte anticipate rappresentano l`ammontare dell`imposta sul reddito recuperabile negli esercizi futuri riferibili alle differenze temporanee deducibili per il riporto a nuovo delle perdite fiscali. Esse però, nel rispetto del principio della prudenza, devono essere rilevate solo quando vi è la ragionevole certezza del loro completo recupero. Tale ragionevole certezza è comprovata quando esiste una proiezione dei risultati fiscali della società e/o vi sono sufficienti differenze temporanee imponibili di cui si prevede l`annullamento. In altri termini, i piani industriali devono evidenziare, con ragionevole certezza, imponibili previsionali sufficienti al loro pieno riassorbimento.
La rinuncia ad un credito da parte di un socio, così come lo stanziamento di imposte anticipate per riporto di perdite fiscali agiscono infatti entrambe sull`ammontare del patrimonio netto. La prima in modo diretto, la seconda in modo indiretto.

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